Forte è il dibattito politico e dell’opinione pubblica riguardo l’approvazione della nuova legge sulla cittadinanza, che dovrebbe introdurre due nuovi criteri per il suo ottenimento prima dei 18 anni: lo ius soli, il diritto legato al territorio, ma “temperato”, e lo ius culturae, il diritto legato all’istruzione.
Lo ius soli puro, a oggi presente negli Stati Uniti, garantisce automaticamente la cittadinanza a chiunque nasca sul territorio di un determinato Stato. Lo ius soli cosiddetto temperato prevede invece che un bambino nato in Italia riceva la cittadinanza se uno dei due genitori risiede legalmente in Italia da almeno 5 anni. Ulteriore regolamentazione sarebbe prevista, qualora il genitore, in possesso del permesso di soggiorno, non provenisse dall’Unione Europea.
Il secondo parametro prevede che possano richiedere la cittadinanza italiana i minori stranieri nati o arrivati in Italia entro i 12 anni, ma che abbiano frequentato per almeno cinque anni le scuole italiane, superando così un ciclo scolastico (elementari o medie). I ragazzi nati all’estero, invece, ma giunti in Italia fra i 12 e i 18 anni, potranno ottenere la cittadinanza solo dopo aver abitato per almeno sei anni in Italia e aver superato un ciclo scolastico.
La Tabula Claudiana: un discorso votato all’integrazione
Se tale proposta di legge, spiegata sinteticamente, nasce per esprimere e rappresentare quello che è lo spirito del nostro tempo, la discussione e lo scontro originatisi, riflettono un sentire comune, che descrive scenari psicologici e situazioni collettive, praticate e condivise in tutte le epoche. L’incontro fra culture, da sempre, si pone come uno scontro che necessita di una reciproca ricerca di una mediazione e di un equilibrio per poter essere superato.

È quanto sperava anche l’imperatore Claudio, nella cosiddetta Tabula Claudiana, una tavola bronzea scoperta a Lione nel 1528 e oggi conservata al Museo gallo-romano dell’omonima città. Essa contiene parte del discorso pronunciato in Senato dall’imperatore nel 48 d.C. in favore della concessione ai Galli dello ius honorum, ovvero del diritto di ricoprire magistrature romane, diritto di norma accordato solo ai cittadini romani. L’immediatezza politica divenne l’occasione per offrire un excursus storico riguardo al rapporto fra Roma e quei felici incontri con il novum e l’alienum.
Così esordiva, infatti, Claudio :“Per parte mia vi prego innanzitutto di lasciare da parte quella vostra considerazione, che prevedo mi si obietterà per prima: non abbiate in orrore che sia introdotta questa riforma, perché nuova, ma piuttosto pensate quante cose siano mutate in questa città, e soprattutto quante forme e stadi le istituzioni abbiano attraversato fin dall’origine della nostra città”.
L’intervento dell’imperatore, profondo conoscitore di storia, sottolineava come una peculiarità dello Stato fosse quella di avere un ordinamento politico flessibile e dinamico, capace di adeguare il proprio sistema istituzionale alle esigenze e alle continue evoluzioni che si presentavano.
Particolarmente caratterizzante il mondo romano era la capacità di diffondere la civitas oltre i ristretti confini della città, mostrando una disposizione all’assimilazione dell’estraneo e dello sconosciuto, che progressivamente poteva diventare comprensibile. Una simile attitudine era radicata nella coscienza di essere il risultato di una commistione di popoli diversi, raffigurata e narrata a livello mitico nell’incontro tra il troiano Enea e gli indigeni del Lazio, ma storicamente attuata nel processo di fusione fra Roma e gli Etruschi. Tale unione, all’origine della nascita della civitas romana, comportò la graduale formazione di un’unità politica e morale, ma non etnica, capace di creare, espandendosi, una comunità universale fondata e conformata sul diritto (ius), concetto, quindi, esportabile ed estendibile in linea di principio universalmente.
Una guida per il presente?
Fu un processo che non si realizzò senza il progressivo superamento di conflitti e resistenze, ma definì la grande differenza con il mondo greco, dove l’esasperazione di concetti di autonomia ed eccessiva indipendenza furono all’origine degli storici e continui conflitti egemonici, nonché dell’incapacità di trovare un equilibrio e una pace a livello internazionale, regolamentati sul piano del diritto.
Atene, la città democratica per eccellenza, nella quale la partecipazione alla vita politica fu vissuta con un’intensità senza precedenti, mostrò il suo limite più grande nell’incapacità di superarsi, imponendo un dominio sempre più rigido ai suoi alleati-sudditi, al punto tale da concretizzare la sua egemonia in un imperialismo tirannico. Due modi così differenti di vivere aspetti politici, ma anche sociali, economici e culturali offrono un’occasione di riflessione.
Nello specifico la Tabula Claudiana mostra l’esempio di una visione politica ampia che mirò a promuovere un’unità politica sovranazionale in grado di trovare la sua forza, paradossalmente, proprio nella tradizione, quest’ultima da intendersi come una successione di innovazioni preziose nel fornire modelli di riferimento nel presente. Che possa essere una guida per l’attuale situazione?
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