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Intervista al professor Jörg Senf «Con AfD si ri-normalizza l’Olocausto»

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Oggi l’incontro con il linguista tedesco Jörg Senf, professore della Sapienza di Roma, con cui abbiamo affrontato i i problemi relativi al pericolo populista, rappresentato da varie forze tra cui l’AfD, e alle degenerazioni del capitalismo contemporaneo.

Esiste un pericolo reale che porta le nuove formazioni della destra tedesca, tra cui l’AfD, a tentare di rivalutare le colpe che la Germania nazista ha avuto nella II Guerra Mondiale.

Il professor Jörg Senf valuta la nuova formazione politica tedesca che alle ultime elezioni del Bundestag si è affermata quale terza forza alle spalle degli storici partiti della Cdu e dell’Spd. Una scalata che preoccupa non pochi studiosi e politologi, e che può essere vista anche come una conseguenza degli effetti di quella globalizzazione che al giorno d’oggi mette in discussione la classica idea di stato nazionale.

Da esperto linguista, quali sono secondo lei gli elementi caratteristici di una formazione politica populista? L’AfD può essere definita in questo modo?

Senz’altro è populista, in quanto coglie e rafforza disagi della popolazione per porsi come alternativa a istituzioni e a élite. Definirei come populista anche la tendenza all’imprevedibile al voltafaccia.

AfD, Pegida e NpD. Sebbene le tre aree dell’estrema destra tedesca abbiano storie diverse, tutte hanno fatto della lotta all’immigrazione il proprio cavallo di battaglia. Nello stile e nella comunicazione quali differenze e quali aspetti comuni rileva?

Direi che la NpD è di classica impronta nazionalista e völkisch, Pegida si associa allo stile hooligan, politicamente scorretto, mentre AfD era inizialmente conosciuto come partito dei professori. In questo senso si distinguono le rispettive pratiche discorsive. Tra queste formazioni esistono però collegamenti personali e di condivisione di un’ideologia nazionalista di destra.

Dal momento della sua nascita la AfD ha virato sempre più a destra. Prima Lucke, poi Frauke Petry, successivamente Weidel e Gauland, e oggi sembra riscuotere sempre maggior successo il radicale Bjoern Hoecke, le cui posizioni erano criticate proprio da Petry, tanto da indurla a lasciare il partito il giorno dopo l’elezione al Bundestag. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, al maggior successo del partito corrisponde una maggiore radicalizzazione delle sue posizioni. A cosa è dovuta e a cosa porterà questa estremizzazione?

Sono proprio queste le domande che ci poniamo tutti. AfD si dimostra voltafaccia e poco prevedibile, caratteristica che si osserva da tempo anche nelle politiche populiste italiane o ora negli Usa, ma che si attribuiva anche alla stessa Merkel. La svolta a destra resta il grande problema da comprendere e da affrontare. Anche tra gli studiosi di sinistra esiste ad oggi un forte sgomento e una difficoltà a comprendere tali fenomeni.

Dai recenti eventi, lei ritiene che il complesso di colpevolizzazione del Nazismo (Vergangenheitsbewältigung), sia ormai superato in Germania?

Da parte delle istituzioni, della formazione, si cerca di mantenere in piedi la pratica della Vergangenheitsbewältigung , ma storicamente si allontana. La mia generazione aveva ancora genitori che raccontavano la loro vita sotto il regime nazionalsocialista, ma questi testimoni diretti tra poco non ci saranno più. Le strategie discorsive delle nuove destre ri-normalizzano l’Olocausto ed è questo il pericolo.

Bernd Lucke (fondatore dell’AfD) è un economista, Alexander Gauland ha un passato quarantennale nella Cdu, Alice Weidel (attuale leader insieme a Gauland) ha studiato Business Administration. Le figure simbolo dell’AfD provengono da quell’élite economico-politica che loro stessi criticano aspramente. Anche a livello visivo e simbolico sono distanti dalle teste rasate che si trovano in alcune manifestazioni. Quale mutazione è avvenuta nella destra radicale tedesca?

I paradigmi della destra radicale mutano poco, sono per definizione conservatori, statici. È l’AfD che ha molte facce e unisce questi paradigmi a solidi patrimoni economico-finanziari, tra l’altro, di vecchia aristocrazia tedesca. Esistono varie correnti nello stesso partito in cui però sono accolte ideologie della destra radicale.

Sandro Halank, Wikimedia Commons, CC BY-SA 4.0, CC BY-SA 4.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0, via Wikimedia Commons

Candidati giovani, donne, omosessuali, un simbolo con colori sgargianti che assomiglia ad un logo di una multinazionale. Questi elementi “youg and smart” possono aver contribuito al successo di AfD?

I fondatori dell’AfD attorno a Lucke volevano un partito ultra neo-liberale alternativo all’Fdp (il partito liberale tedesco) considerato ormai troppo socialista. Il marketing efficace, apparentemente libero dalle ideologie del passato, è coerente con questa linea. L’idea di partenza è quella neoliberale, poi si è aggiunta la posizione della destra estrema. In AfD ciò che sorprende è comunque la capacità di accogliere più elementi in un unico soggetto.

Anche l’omosessualità non è un elemento nuovo, vedi il caso del leader della FpÖ (il partito nazionalista austriaco) Jörg Haider negli anni ‘90. Lì però la questione venne fuori, dopo la sua morte, come scoop giornalistico. Ora invece l’omosessualità è entrata tra gli elementi di un marketing lontano da ideologia.

La NpD non ha mai avuto alcun seggio al Bundestag, mentre AfD in pochi anni è diventato il terzo partito in Germania, arrivando in alcune regioni addirittura sopra la Cdu. Come spiega una tale differenza di consensi?

La NpD sin dal 2001 è rappresentata dai media come un partito sotto processo per incostituzionalità. Diffonde un’ideologia apertamente nazionalista (völkisch) con la quale la maggioranza dei tedeschi ha difficoltà ad identificarsi. L’AfD, diversamente, si guarda bene dall’utilizzare toni democraticamente discutibili, come si evince dal programma.

“Patrioti d’Europa che si ergono contro l’islamizzazione nelle loro terre” (Frase tratta dall’inno ufficiale di Pegida). Se Pegida, nel nome e nell’inno, richiama valori europei da difendere contro l’avanzata islamica, diversamente NpD e AfD sembrano essere più critici verso le istituzioni europee e verso l’alleanza atlantica. Lei rileva che la critica all’Europa sia comune a tutti e tre i movimenti?

Il panico dell’islamizzazione si basa sul costrutto di uno scontro tra due potenti culture: l’Islam contro l’Occidente, ovvero contro i valori storici di tutta l’Europa. Questo motivo permette a Pegida un’azione comune insieme ad altre destre europee, non ultimo italiane, che lo condividono. Anche l’NpD e l’AfD hanno accolto il motivo islamofobo, ma – con la “d” programmatica di Deutschland nel nome del partito – mirano principalmente alla difesa di interessi nazionali, minacciati, nella loro visione, da pretese europee.

Front National, AfD e Lega utilizzano uno stile di contrapposizione noi-loro, in cui i nemici sono gli immigrati, il mondo della finanza e le istituzioni sovranazionali. A pagare le conseguenze della globalizzazione sarebbero invece i cittadini normali e gli stati nazionali. Perché secondo lei questa retorica fa breccia in una parte della popolazione?

Qui è possibile notare la costruzione di un’immagine nemica (Feindbildkonstruktion) che è tra le più tipiche strategie discorsive per legittimare il potere, nel senso di Herrschaft antidemocratica. Costruzione che corrisponde all’artefatto di sistemi chiusi, basati sull’esclusione dei rispettivi negri, ebrei, poi nella Germania deli anni 1960 italiani, turchi, e nell’ Italia recente albanesi, rumeni, ‘extracomunitari’.

E che dire dello stato nazionale? È futuribile? Studiando le attuali tendenze linguistiche e culturali, si delinea – in Germania come in Scandinavia, Gran Bretagna, Francia, in parte Italia – una realtà (Lebenswelt) in cui si mescolano lingue e discorsi che un tempo dovevano costituire le singole identità nazionali.

Oggi, semplicemente usando lo smartphone, ci troviamo tutti nel grande mercato globale e transnazionale. È la tendenza allo screpolarsi dello Stato nazionale originario del XVIII secolo, che legava la collettività ad un’unica etnia, cultura, lingua ben definibile. Forse la popolazione avverte che la vita reale corrisponde ormai poco a valori o scelte e di tipo “nazionale”. Così, temendo di perdere questa identità, si rifugia nei nuovi nazionalismi di destra.

Bisogna invece rispettare l’alterità culturale, linguistica, rendendosi conto che ogni comunità nazionale è ormai legata al resto del mondo e dovrebbe accogliere nuovi stimoli al suo interno senza rinchiudersi nelle proprie convinzioni.

Dal punto di vista della comunicazione quali differenze nota tra il M5S e un partito come la Lega?

Vedo i 5 Stelle più populisti imprevedibili che prendono spunto dalla pancia popolare. Forse la Lega è più coerente nella sua linea conservatrice. Per motivi diversi è un pericolo che una delle due formazioni vada al governo.

Afd alle recenti elezioni è stato il primo partito nel Land di Sassonia, Pegida è nata in Sassonia, il suo fondatore Lutz Bachmann è di Dresda. La ex DDR, che una volta vedeva trionfare la sinistra, è attualmente il fulcro della rivolta populista. Esiste ancora oggi un certo senso di inferiorità rispetto alla Germania Ovest? Perché AfD sembra oggi aver sostituito quell’area che una volta votava a sinistra?

È una situazione complessa. Un mio amico linguista osservava: se, nei vari Länder, chiedi ai tedeschi come va la vita, ti risponderanno più o meno “beh, me la cavo”. Se lo chiedi a un sassone, ti risponderà “è spaventoso, terribile” (furchtbar).Questa specifica tendenza a drammatizzare, forse, rende i cittadini di quel Land particolarmente sensibili rispetto a quei disagi che il crollo del muro ha comportato per tutta la DDR.

Una popolazione abituata ad un’economia pianificata, ad uno Stato che pensava a tutto e improvvisamente si trova davanti a smantellamenti di fabbriche, disoccupazione, speculazioni private su casa, trasporti, scuola. A ciò si aggiunge la frustrazione di vedere disprezzati dai fratelli dell’Ovest i loro sforzi quarantennali nella politica realsocialista.

Per quanto riguarda la questione dell’immigrazione, nella DDR era (quasi) sconosciuta. Fino a poco tempo fa non esisteva proprio l’abitudine al contatto con l’estraneo. Probabilmente è da questo stato d’animo che nasce il timore e il voto di protesta verso partiti come l’AfD. Il muro resiste ancora nella mente delle persone.

Perché in un paese avanzato, dove la disoccupazione si attesta al 6% e dove l’industria 4.0 è già realtà, partiti estremisti hanno questo successo?

Non è l’industria 4.0 che salva da disagi e disorientamenti. Anche in Germania il turbocapitalismo sta aumentando la forbice sociale, la povertà relativa cresce e in dieci anni è raddoppiato il consumo di antidepressivi per stress da lavoro. È un mondo di lavoro in cui non si rispetta più una tranquilla pausa pranzo, in cui si risparmia sulla forza lavoro e si accelerano i ritmi. Vi è una grande differenza tra il benessere economico e la percezione di sentirsi bene. È un disagio reale presente anche in Germania. Si può dire che la Germania è un po’ lo specchio delle difficoltà del capitalismo di creare un vero benessere.

Bisogna ripensare il modello di democrazia creatosi dopo la seconda guerra mondiale?

Attualmente si osservano dubbi sulla validità del modello di democrazia contemporanea, e ci si appella spesso alle dittature. Un sentimento probabilmente provocato dal disorientamento dei valori. L’idea di democrazia pacifica, in cui viviamo da molto tempo, è però una grande conquista che deve essere salvata.

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