Lobbying: un’analisi comparatistica. Prima parte: le esperienze di Usa e Regno Unito

Per una visione complessiva della normativa sul lobbying in Italia e in Europa clicca qui.

«Il lobbista mi fa capire in tre minuti quello che un mio collaboratore mi spiega in tre giorni»
(J. F. Kennedy)

Parlare di lobbying nel mondo vorrebbe dire creare una mappatura della democrazia in ognuno dei cinque continenti. Il lavoro meriterebbe studi approfonditi non solo di tipo normativo ma anche storico-sociale affinché si possa profilare nel miglior modo possibile un’esperienza e i suoi derivati.

In questo focus mi limiterò ad esporre alcune delle più importanti esperienze di lobbying rintracciabili, passando in rassegna il mondo anglosassone (americano e statunitense), europeo (dell’Unione Europea) e canadese. Cercando di analizzare i punti di contatto e divario all’interno delle varie esperienze e portando comunque, come lenti d’analisi, alcuni concetti fondamentali per poter tracciare una strada unitaria:

  • Democrazie rappresentative, in cui il Parlamento svolge in modo libero e incondizionato la sua attività legislativa.
  • Democrazie partitiche in cui il partito politico è l’organismo intermedio e lo stakeholder è quella figura che, appoggiandosi sul rappresentante, presenta le proprie istanze.

Gli schemi adottati saranno quelli della dottrina del prof. Pier Luigi Petrillo (che ha illustrato il modello della trasparenza e della partecipazione).

Definizione e contesto dell’attività di lobbying

Si definisce lobbying quell’attività volta ad indicare tutti quei comportamenti messi in atto dagli stakeholders (portatori di interessi) verso i public decision makers (decisori pubblici) affinché questi assumano decisioni grazie anche alle istanze portate avanti dai rappresentanti di interesse.

Ogni tentativo posto in essere da individui o gruppi di interesse privati di influenzare le decisioni del Governo” (Enciclopedia britannica)

“L’espressione “gruppo di pressione” ha come sinonimo un vocabolo di origine anglosassone: lobby. Espressione di etimo latino-medioevale derivante da “lobia”, portico. Secondo Adrian Room la parola è stata usata per la prima volta da Thomas Bacon e poi ripresa da William Shakespeare nell’Enrico VI, anche se in questa sua seconda apparizione viene intesa come “corridoio”.

L’etimo incerto della parola viene ricollegato anche all’antico alto-tedesco “lauba” che sta ad indicare un deposito di documenti. Nel 1830 c.a., però, questa espressione andrà ad indicare l’anticamera della House of Commons in cui i parlamentari votavano durante una “division”.

lobbying
Henry Barraud, Public domain, via Wikimedia Commons

Gli Usa e la regolamentazione del lobbying

Lobbying” è un processo di richiesta al governo al fine di influenzare il processo politico. Il diritto di petizione rivolto verso il governo è uno dei più grandi tesori presenti nei governi democratici.

Riconosciuto nella Magna Carta del 1215, il diritto di petizione nel governo americano era ripetutamente affermato nei trattati coloniali, nella “Dichiarazione di Indipendenza” e nelle costituzioni federali di ogni singolo stato all’indomani del periodo rivoluzionario, introducendo anche il “Bill of rights” (Carta dei diritti fondamentali). Nel periodo coloniale le petizioni scritte erano generalmente semplici e brevi e quasi sempre sortivano risposta. Dopo l’Indipendenza, molte proposte politiche, come l’istituzione della banca nazionale, l’abolizione della schiavitù, i diritti di famiglia e l’abolizione del “duello” furono presentate al Congresso attraverso il diritto di petizione.

Il primo Stato ad adottare una legge sui rapporti tra privati e public decison-makers furono gli USA i quali, con una risoluzione del 1876, chiesero ai lobbisti di registrarsi presso un apposito impiegato. Particolarmente attivo contro la corruzione a Washington fu Hugo Black (Alabama), il quale sostenne che i lobbisti dovevano registrarsi, dando le proprie generalità e riferendo per chi stessero lavorando. Tentativi che non andarono a buon fine anche a causa di efficaci quanto forti campagne portate avanti dagli stessi lobbisti.

Una svolta si è avuta prima e dopo la II guerra mondiale quando furono adottati due atti federali che segnano di fatto la prima svolta nella legislazione lobbistica moderne:

  • Foreign Agents Registation Act (1938)
  • Federal Regulation of Lobbying Act (1946)

Due atti che portarono all’adozione di norme e leggi sempre più precise, sino al Lobbying Desclosure Act del 1995.

Il parlamentarismo britannico: la culla del lobbying

Se da un lato gli USA sono stati i primi ad adottare una legge sul lobbying, dall’altro il primato per la creazione del sostrato culturale per la proliferazione dell’attività di lobbying lo detiene il Regno Unito; essendo il primo Stato (europeo e mondiale) ad aver adottato un Parlamento di rappresentanti della Nazione e intermediari tra il potere e il popolo.

A tal proposito la parola “lobby” in Inghilterra simboleggia ancora la stanza di ingresso della House of Commons in cui si raccolgono tutti gli esterni (giornalisti, cittadini, portatori di interessi) per parlare liberamente con i propri rappresentanti, cosicché i frequentatori della lobby divennero i lobbisti.

Il parlamentarismo britannico diventa, grazie alle vicende storiche che portano a un graduale riconoscimento della House of Commons, il primo vero e proprio contesto socio-politico in cui il rappresentante è messo a stretto contatto con il rappresentato. Questi, portando le proprie istanze, cerca di perseguire un’attività volta alla cura dei propri interessi (o del gruppo di riferimento) portando questi ultimi all’attenzione del potere legislativo e – successivamente – esecutivo.

Gli strascichi di questa tradizione sono ancora presenti se ragioniamo sul fatto che il Parlamento ha varie funzioni – secondo Bagehot – oltre a quella legislativa. Pedagogica, di insegnamento verso la Nazione dei valori che la caratterizzano e informativa attraverso l’informazione ai cittadini, rendendo così il Parlamento quella “casa di vetro” che tutte, o quasi, le democrazie ambiscono ad essere.

La compenetrazione tra lobbies e politica la si avverte anche in alcune pratiche determinate:

  • Finanziamento privato dei partiti politici
  • Sponsorizzazione del singolo parlamentare: dal 1811 lo speaker della Camera dei Comuni introdusse l’obbligo, a ciascun parlamentare, di comunicare se in determinati ddl, in cui partecipavano, esisteva un conflitto di interesse. Resta ferma la possibilità per ogni singolo parlamentare britannico di accettare qualsivoglia regalo o dono. L’obbligo resta nella segnalazione dello stesso e nella pubblicità di quanto ricevuto e da chi.

 Conclusioni

Abbiamo visto dunque come anche il modo di nascere di una Nazione porta a concepire idee diverse di interesse e della rispettiva regolamentazione. Potremmo dire che gli Stati Uniti siano nati proprio per tutelare i propri interessi contro le prevaricazioni della Madre Patria, la quale non riconosceva un principio fondamentale della politica fiscale, il cosiddetto “No Taxation without Representation. La stessa Madre Patria in cui secoli prima, invece, era nato il sostrato culturale del fenomeno di lobbying.

Il profilo storico aiuta a capire dunque come, nel Vecchio Continente, sia stata rilevante la creazione di una base democratica per costruire il meccanismo di interesse-rappresentanza; mentre nel Nuovo il concetto di democrazia, già ben presente nei padri costituenti, si sia incanalato in quello di interesse.

L’interesse del singolo Stato membro ha fatto sì che si creasse questa nuova figura (misteriosa per lo stesso de Tocqueville) di Stato Federale, in cui ogni partecipante ha lo stesso peso specifico (proprio nell’ottica della manifestazione del singolo interesse). Sempre l’interesse ha fatto sì che si creasse, attorno al concetto stesso di democrazia, un’idea di rappresentanza non solo del soggetto Stato-membro presso il Congresso federale, ma anche e soprattutto del singolo cittadino che, capace di associarsi, si fa fautore del vecchio detto “l’unione fa la forza”.

Si può pensare che questo processo potrebbe avere un riverbero anche sul nome stesso degli Stati considerati, in cui è emblematica la parola Unione, sia essa declinata in un contesto più monarchico che democratico?

Bibliografia:

– Pier Luigi Petrillo – “Democrazie sotto pressione”, A. Giuffrè Editore MI (2011)

– Tesina Laboratorio di teorie e tecniche della Lobbying istituzionale – Regolamentazione e attività lobbistica nella Repubblica di Irlanda di Gaetano Gatì

– Public Citizen – Origins, Evolution and Structure of the Lobbying Disclosure Act by Craig Holman (2006)

Credits copertina: Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.