“Con Italia Viva Renzi punta a sfidare Salvini”

Polinside intervista Alessio Pecoraro, che svela la strategia dell’ex premier per riconquistare il centro della scena politica

Serbatoio di idee e forte momento di partecipazione politica o convention dei seguaci renziani? Nelle edizioni di questi ultimi dieci anni, si è molto discusso sul vero significato che la Leopolda ha assunto nel panorama politico italiano.

Nata come spazio libero di confronto tra cittadini di diverse simpatie politiche, la Leopolda ha visto una sua evoluzione che, nel tempo, l’ha portata ad essere considerata kermesse della corrente dell’ex premier fino a diventare, quest’anno, la convention di nascita di Italia Viva.

Per capire qual è il vero spirito della Leopolda Polinside ha intervistato Alessio Pecoraro, creatore della “Fondazione Ora!”, autore dell’e-book “La Leopolda che non hanno raccontato”, e strenuo seguace della manifestazione, avendo partecipato a tutte le dieci edizioni.

D: 2010-2019. Si è conclusa la decima Leopolda. Hai notato differenze rispetto alle edizioni degli ultimi anni?

R: Tanti cambiamenti sono avvenuti dalla nascita di “Prossima Fermata Italia”, evento dedicato al confronto e al dibattito politico nato dieci anni fa da un’idea di Pippo Civati, che successivamente si è affermato come Leopolda. La novità più rilevante quest’anno è stato il cambio di ragione sociale.

Se fino alla scorsa edizione la Leopolda è stata sempre uno spazio libero di confronto e di idee aperto a tutti, quest’anno abbiamo assistito ad una vera e propria convention di partito, che ha cambiato il senso più profondo della manifestazione. Anche il substrato elettorale è mutato negli anni. Se le prime edizioni vedevano la partecipazione di giovani provenienti da diverse aree politiche, col passare del tempo la Leopolda è diventata sempre più la kermesse di Renzi e del Pd, e oggi di Italia Viva.

D: Esistono alcuni elementi originari che possiamo ritrovare ancora oggi?

R: Nonostante i cambiamenti, la Leopolda continua a mantenere alcuni tratti distintivi primordiali come il “fattore Firenze”, che spinge molte persone a partecipare ad un evento organizzato in una città dal fascino indiscutibile.

Inoltre è stata sempre garantita libertà di accesso a tutti i partecipanti, a cui non è richiesta alcuna tessera o iscrizione ad un partito. Sono caratteristiche distintive che hanno sicuramente rappresentato una novità importante rispetto ad altri eventi paralleli e che possiamo osservare ancora oggi.

D: Italia Viva è un esempio perfetto di politica pop, come l’ha definita la scorsa settimana anche Martina Carone nella nostra intervista. Siamo in presenza di un partito personale che dedica grande attenzione alla comunicazione sui social e online, come ha dimostrato la vicenda della scelta del logo, avvenuta dai fan sul web. Non ci si è concentrati troppo sulla forma e poco sui contenuti?

R: Ad oggi Italia Viva non presenta particolari novità dal punto di vista comunicativo, molti dei comunicatori che ci lavorano erano stati ingaggiati già ai tempi del Pd. Personalmente noto che la rincorsa al “pop” riguarda tutte le aree politiche.

Dal cagnolino di Monti nel 2013, al panino con la Nutella di Salvini, fino ai palleggi di Conte pubblicati in un post su Twitter qualche giorno fa, negli ultimi anni abbiamo assistito ad un vero e proprio cambio di passo a livello comunicativo.

Se nel passato esistevano blocchi sociali e ideologici compatti, oggi i partiti sono cross-mediali e il consenso nei loro confronti è tutto da costruire. Anche se non è che i blocchi sociali siano spariti, anzi. La pop culture fa ormai parte della società, e per molti, soprattutto delle nuove generazioni, sono un punto di riferimento imprescindibile.

D: E Salvini?

R: Ecco Matteo Salvini è forse l’unico rappresentante politico che sta tentando di fidelizzare un elettorato ampio e compatto attraverso una ripetizione continua dei messaggi chiave sull’immigrazione e sull’Europa. Gli altri partiti ricercano invece il consenso tra tutte le fasce sociali, ma questo aspetto non deve essere visto come negativo. Oggi la politica deve comunicare messaggi chiari e semplici per essere appealing e riconoscibile. Solo in questo modo si può avere successo.

D: In questo contesto qual è il messaggio di Matteo Renzi?

R: Ad oggi un messaggio chiaro ancora non c’è. Esiste un’idea di riformismo che si ispira a Macron, ma ancora manca una parola chiave, una vera battaglia di partito. Il contenitore è stato creato, adesso è il momento di riempirlo di contenuti e convincere gli elettori. Ad oggi la forza e la debolezza di Italia Viva è rappresentata dallo stesso Matteo Renzi.

D: Nel tuo libro “La Leopolda che non hanno raccontato” (2013) scrivevi che in politica: “la grande scommessa del centro è naufragata”, e ti chiedevi: “possiamo affrontare le nuove sfide con gli stessi protagonisti che hanno avuto la possibilità di cambiare le cose e non l’hanno fatto?”. Non pensi che Matteo Renzi abbia già avuto la possibilità di cambiare le cose? La sua carriera politica non doveva finire con la sconfitta al referendum del 2016?

R: Oggi Renzi sconta il fatto di non essere più una novità e i dati (da prendere comunque con le pinze) dicono sia uno dei leader meno apprezzati. Da anni si parla dell’ormai mitologico elettorato centrista, già oggetto del desiderio dei vari Rutelli (ex Pd), Fini e Casini.

Oggi ne parlano Renzi, Calenda – entrambi usciti dal Pd – Forza Italia – Carfagna in testa – e altri piccoli soggetti. Anche se tali realtà si unissero, cosa difficile, credo che per essere competitivi davvero bisognerebbe puntare sull’elettorato ampio e, per larghe fette, moderato del Partito Democratico.

La scommessa dell’ex premier è dunque strettamente legata alle sorti del suo ex partito, che il leader di Italia Viva vuole “svuotare” replicando ciò che ha fatto Macron in Francia con il Partito Socialista. Oggi non c’è spazio per un terzo polo, per questo Renzi vuole prendersi il centro della scena attingendo al bacino elettorale ostile a Salvini, in quella che potrebbe essere la sfida tra i due Mattei.

D: Recentemente Andrea Orlando (Pd) ha twittato: “In Umbria o vince il candidato civico o vince la destra. Per questo il Pd va e sostiene il candidato civico. Si chiama coerenza. Credo sarebbe giusto lo facessero tutti quelli che vogliono fermare la destra.”

Luigi Marattin (IV) ha invece dichiarato che: “Il progetto di Italia Viva è diverso”. Quale può essere il ruolo di Italia Viva? Ago della bilancia in un governo di coalizione?

R: Dal punto di vista comunicativo, Italia Viva è ancora in cerca del giusto messaggio da veicolare all’elettorato. Renzi non si preoccupa delle piccole operazioni e alleanze territoriali come quella tra Pd e M5S in Umbria, ma intende aumentare le adesioni per accrescere la sua pattuglia parlamentare per dar vita ad un progetto maggioritario. In questo senso Italia Viva ha già accolto deputati e senatori provenienti da un vasto arco politico che comprende Pd, Forza Italia e LeU.

Con le elezioni in Emilia Romagna a gennaio si avrà una prima prova della forza del nuovo partito. Italia Viva dovrà decidere se presentarsi come lista autonoma (poco probabile) o collocare i suoi candidati in altri contenitori. Qui si vedrà se Pd e Italia Viva possono dar vita ad un’alleanza strutturale. Io me lo auguro.

D: Paolo Mieli (Corriere della Sera, 26 ottobre) scrive che per il Pd e il M5S: “una volta imboccato il sentiero della coalizione sarà impossibile tornare indietro”. Il possibile fallimento del governo Conte bis e i tentativi di coalizione nelle Regioni possono avvantaggiare Italia Viva?

R: Tre aspetti mi preme sottolineare. Innanzitutto le grandi doti comunicative di Renzi, che gli permettono di essere azionista di governo e, allo stesso tempo, di smarcarsi dalla coalizione senza perdere consensi grazie ad una fan base che gli perdona tutto e che gli è molto fedele.

Al di là delle capacità del leader, manca però ancora un framework comunicativo alternativo a Salvini che permetta di creare un vero polo (stile Macron?) di centrosinistra che possa competere con il leader della Lega.

In Italia Viva manca ancora un framework comunicativo alternativo a Salvini che permetta di creare un vero polo di centrosinistra.

Infine, Italia Viva non ha ancora chiarito la sua collocazione europea e internazionale. Renzi, da segretario Pd, portò il partito nel socialismo europeo. Per ora è stato citato il solo Macron, ma parliamo comunque di una realtà nata il 19 ottobre. Ci sarà tempo.

D: Oggi i sondaggi danno Italia Viva ad una percentuale tra il 4 e il 5%. Da dove provengono tali consensi?  

R: Italia Viva non ha goduto di un particolare ”effetto boost”, che si crea ogni qual volta un nuovo partito si affaccia per la prima volta sulla scena elettorale, suscitando l’interesse di una parte della popolazione. Il bacino elettorale di Italia Viva sarà formato dai seguaci di Renzi e da chi aderirà al progetto. Per adesso vedo apprezzamenti da un pezzo di Pd e dai moderati di destra.

D: Giorni fa ha avuto una forte eco il post in cui il presidente del Consiglio Giuseppe Conte palleggia insieme allo stilista Brunello Cucinelli. Anche il premier sta cambiando strategia comunicativa diventando più pop?

R: Vedo un cambio strategico nello stile del premier. Fino a qualche mese fa si presentava come il garante tra due azionisti di Governo in perenne contrapposizione (M5S e Lega), mentre oggi si sta affermando come una figura politica sempre più autonoma. Un percorso che potrebbe anche portarlo ad essere un candidato premier futuro.

Tuttavia, la politicizzazione di una figura istituzionale, come già accaduto con Monti, è spesso un errore perché la fiducia del popolo verso l’istituzione non si tramuta automaticamente in consenso elettorale. Non condivido scelte di questo genere da parte di alcuni social media manager.

D: Qual è oggi il ruolo del comunicatore politico?

R: Credo che in Italia ancora permane una concezione datata della comunicazione politica che porta sindaci e politici locali a strutturare le campagne di comunicazione soltanto in prossimità di appuntamenti elettorali. Non comprendono che la reputazione e l’immagine di un personaggio politico ha bisogno di tempo per strutturarsi, altrimenti la comunicazione diventa mera propaganda. I social offrono tantissime possibilità di arrivare direttamente all’elettore, ma il risultato non è scontato. Sono necessarie competenze specifiche e tanto lavoro.

D: Si è appena conclusa “After Futuri Digitali”, manifestazione organizzata dalla Regione Emilia Romagna dedicata alla diffusione della cultura digitale e che ha visto anche la partecipazione della “Fondazione Ora!”. Negli incontri da voi organizzati avete affrontato numerosi temi sul futuro digitale. È possibile ritrovare alcuni elementi della comunicazione politica nel mondo dei fashion influencer o viceversa?

R: Ad “After” abbiamo organizzato nelle prime due edizioni due eventi di approfondimento sul tema della comunicazione digitale.

Si tratta di un argomento estremamente attuale, perché nei prossimi anni l’intero settore della comunicazione vedrà una contaminazione sempre maggiore di elementi provenienti dai diversi settori tematici, dalla moda ai videogiochi fino alla politica. La comunicazione politica è infatti sempre più diversificata e pensata sulla base degli interessi dell’elettorato che si vuole conquistare.

Per raggiungere questo obiettivo è necessario circondarsi non solo di professionisti della comunicazione, ma anche di influencer che mobilitino i giovanissimi su un certo tema e diano vita a veri e propri gruppi di interesse.

Il post della modella Emily Ratajkowski a sostegno di Bernie Sanders durante le primarie del Partito democratico Usa nel 2016

Una strategia che abbiamo potuto osservare già durante le ultime elezioni politiche in Francia, dove i giovani fan di Macron avevano propri gruppi in cui comunicavano solo le notizie più rilevanti per la loro fascia d’età.

Consapevoli dell’importanza di penetrare nelle nuove generazioni, in “Fondazione Ora!” abbiamo voluto una fashion blogger nel board, che ci permetta di avere una visione più ampia dei cambiamenti in atto nella nostra società.

Dobbiamo essere consapevoli che la comunicazione generalista è ormai inefficace e che il futuro va in questa direzione.

Credits copertina: Francesco Pierantoni

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