Funiciello

Antonio Funiciello: “Il consigliere politico sarà fondamentale anche in futuro”

Colloquio con il giornalista già capo di Gabinetto dell’ex Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, che ci ha parlato del suo nuovo libro “Il metodo Machiavelli”

Per comprendere al meglio quali sono le dinamiche che dominano l’universo politico, più che entrare direttamente nella stanza dei bottoni, è necessario osservare cosa accade nell’anticamera del potere, tentando di scorgere i gesti e i comportamenti che ogni rappresentante deve mantenere nel momento in cui incontra un Capo di Stato o un leader dell’area avversa.

È dunque fondamentale entrare in contatto con una figura spesso sottovalutata, ma determinante, come quella del consigliere politico, colui che ha il compito di assistere il leader fornendo un punto di vista solido e disinteressato che tenga conto degli interessi di tutte le posizioni in campo.

Polinside intervista oggi Antonio Funiciello, già capo staff del Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni tra il 2016 e il 2018 e autore del libro “Il metodo Machiavelli”, edito da Rizzoli. Scavando nelle profondità psicologiche e fisiche dei “custodi” dell’agenda dei leader, è infatti più semplice comprendere i fondamenti che sono alla base delle scelte di ciascun capo di Governo.

D: Partiamo dal titolo: “Il metodo Machiavelli”. Perché il consigliere fiorentino costituisce ancora oggi un esempio per tutti coloro che vogliono diventare abili consiglieri?

R: Machiavelli è innanzitutto il padre della riflessione politica moderna e rappresenta ancora oggi l’autore italiano più studiato all’estero. È stato per 14 anni consigliere di Pier Soderini nel periodo successivo alla leadership di Savonarola a Firenze. Non avendo origini nobili non poteva ricoprire cariche elettive di governo, quindi s’industriò a fare il consigliere. La sua esperienza è emblematica e rappresenta nel migliore dei modi la vita di chi assiste un leader. Inoltre, nelle sue opere si occupa spesso dei comportamenti che deve avere un consigliere politico.

Santi di TitoRitratto di Machiavelli, 1525 circa, olio su tavola, Firenze, Museo di Palazzo Vecchio, Cancelleria Nuova (sala del Machiavelli). Fonte: Espresso.repubblica.it

D: Quali sono le funzioni del perfetto consigliere che delinei nel libro?

R: Innanzitutto la gestione dell’accesso. La prima funzione di un consigliere è quella di saper gestire il traffico in entrata e in uscita dall’ufficio del suo leader, quindi la sua agenda. È importante aver cura del suo tempo, il bene più prezioso.

La seconda caratteristica è il potere di informare, perché ogni leader riceve moltissime notizie irrilevanti che influiscono sul suo operato. Spetta dunque ai suoi collaboratori gestire il flusso di informazioni e sintetizzare i concetti più importanti.

La terza funzione è “l’arte del consiglio”, per cui ogni parere del consigliere deve essere responsabile, informato e disinteressato.

D: Nel libro sottolinei le difficoltà non solo psicologiche, ma soprattutto fisiche che Franklin Delano Roosevelt – l’ex Presidente Usa nel 1921 si ammalò di poliomelite e diventò paralitico – e il suo braccio destro Louis Howe, dovettero superare prima di arrivare alla Casa Bianca nel 1933. Pensi che anche oggi, nell’epoca dei social e delle immagini, un leader così debole fisicamente potrebbe aspirare ad un ruolo di primo piano?

R: Sarebbe molto difficile, a causa della rilevanza che oggi ha la figura del leader e del ruolo della tv. Per i leader americani trasferire un’immagine di vigore fisico è essenziale: non ricordo negli ultimi decenni un presidente con gli occhiali. All’epoca di FDR tutti sapevano delle sue disabilità fisiche, ma non se ne parlava molto anche perché i media di riferimento erano i giornali e la radio, mentre la tv non era ancora diffusa. Oggi l’elettorato americano sembra valutare con grande attenzione lo stato di salute del proprio Commander in Chief.

National Archives and Records Administration, Public domain, via Wikimedia Commons

D: Nel libro sostieni che: “la politica è una cosa dannatamente complicata. Chiunque ecceda nel semplificarla non potrà mai capirla”. Non è un pensiero controcorrente nell’epoca della semplificazione e delle campagne elettorali giocate a colpi di pane e nutella?

R: Probabilmente il mio pensiero non è molto popolare, ma la politica è esattamente questo. Verso la politica le persone hanno lo stesso atteggiamento che mantengono nei confronti della poesia e del calcio: tutti pensano di poter scrivere versi meravigliosi, mettere in campo la migliore formazione possibile o occuparsi di politica. Ma si tratta di un mestiere che richiede una competenza specifica che non tutti hanno. Abbiamo bisogno di rappresentanti che posseggano una profonda conoscenza delle dinamiche politiche, economiche e sociali e che riescano a sintetizzare le necessità di tutte le aree del Paese nel loro pensiero e nelle loro azioni.

D: Qual è stato il più grande insegnamento che hai tratto dalla tua esperienza di Governo?

R: Nel periodo che ho trascorso a Palazzo Chigi ho imparato soprattutto una cosa: l’attenta preparazione e la corretta gestione di ogni situazione sono aspetti fondamentali per la buona riuscita del proprio lavoro. Ho imparato quanto è gravoso e faticoso portare a casa un risultato, sia a livello psicologico che fisico. Il segreto è cercare sempre di osservare ogni questione considerando il punto di vista di tutti gli stakeholder. Perché in democrazia ogni decisione deve essere condivisa, anche se alla fine non tutti possono essere soddisfatti.

D: Tra gli attuali collaboratori politici ce n’è uno in particolare di cui apprezzi le doti comunicative?

R: Al di là delle opinioni politiche, il lavoro della macchina comunicativa di Matteo Salvini è tra i più interessanti degli ultimi anni. Riesce ad integrare al meglio strategie online e offline come forse non era mai successo in Italia.

D: Nel libro ritieni che: “l’adulazione è la malattia mortale della leadership”. A tal proposito cosa ne pensi dei continui elogi e dei numerosi post pro-Lega del social media manager di Matteo Salvini Luca Morisi? Anche se non è propriamente un consigliere politico non sembra che il suo operato danneggi la popolarità del “Capitano”…

R: Credo che l’atteggiamento di Luca Morisi sui social sia il frutto di una attenta pianificazione. L’ostentata militanza del Morisi comunicatore è una scelta precisa, che fa parte di una vera e propria strategia di comunicazione. Non credo che i suoi post a sostegno di Salvini siano casuali, ma corrispondono a veri e propri agenti di propaganda.

D: Recentemente Filippo Sensi, ex portavoce di Matteo Renzi e di Paolo Gentiloni, ha lanciato su Twitter una provocazione secondo cui le dinamiche di disintermediazione della nuova comunicazione politica, dominata dalle dirette Facebook e dai post su Instagram, potrebbero mettere in crisi il ruolo dello spin doctor. È proprio così?

R: Non credo. Al di là dei cambiamenti in atto nel mondo della comunicazione, dai tempi di Pericle è sempre esistito un tentativo di disintermediazione e di manipolazione del messaggio da parte dei leader politici. È un fenomeno che riguarda sia i sistemi democratici che i regimi totalitari. Si tratta di una necessità della politica, che deriva dalla difficoltà di trasmettere un messaggio chiaro e univoco. Come Roosevelt fu tra i primi ad utilizzare la radio, cercando di bypassare il tradizionale circuito mediatico dei giornali a lui ostili, così internet ha costituito un altro passo verso la disintermediazione. Detto ciò, il ruolo dello spin doctor rimarrà sempre fondamentale in politica.

Dai tempi di Pericle è sempre esistito un tentativo di disintermediazione e di manipolazione del messaggio da parte dei leader politici

R: Andiamo oltreoceano e analizziamo il fenomeno Alexandria Ocasio-Cortez. Il suo potrebbe essere definito un esempio di “populismo di sinistra”?

D: Penso di sì, e ritengo anche che lei sia il contraltare di Donald Trump. Oltre ad avere un atteggiamento che richiama le principali caratteristiche tipiche del populismo, in AOC permangono anche elementi di “massimalismo” vecchio stampo, che non punta a cercare una sintesi politica con le istanze della controparte, ma tende semplicemente ad affermare le proprie. È una donna in gamba ma il suo atteggiamento radicale potrebbe spaventare gli elettori moderati del Midwest, fondamentali per il successo nelle presidenziali 2020. AOC potrebbe dunque essere l’arma segreta di Trump nelle elezioni del prossimo anno.

D: In un recente articolo su “Il Foglio”, sostieni che stia tornando il duello classico tra destra e sinistra, con l’arretramento delle forze populiste. Si tratta di un trend generale o ritieni che sia un fenomeno valido soltanto per alcuni Stati?

R: Penso che sia un trend generale in corso già da più di un anno. Il populismo è un fiume carsico, un fenomeno sempre presente nelle società occidentali, e che tende a tornare ciclicamente. Oggi nei principali Paesi europei si sta ripresentando il classico dualismo tra destra e sinistra, che non vanno intese come categorie immutabili, ma come funzioni della Storia, e che quindi si modellano e si modificano in base agli avvenimenti del periodo di riferimento. Al momento lo sfondamento del populismo non c’è stato.

D: Come vedi la campagna elettorale tra dieci anni?

R: Anche in futuro l’integrazione degli strumenti di comunicazione diventerà sempre più complessa ma organizzata. Già nel secolo scorso abbiamo assistito a diverse rivoluzioni mediatiche che hanno inizialmente sconvolto il sistema di comunicazione politica. L’esempio più lampante è quello della televisione. Tuttavia, col tempo ogni new media si integra e si affianca ai mezzi di comunicazione più classici e la situazione si stabilizza. Probabilmente, nei prossimi anni, questa dinamica riguarderà anche internet, un mezzo oggi fondamentale in ogni campagna elettorale, ma solo se integrato con strumenti più tradizionali come la tv o i quotidiani.

Per ulteriori approfondimenti sui trend della comunicazione politica leggi anche l’intervista a Martina Carone.

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