Imprecisioni e approssimazioni ci fanno parlare da un anno e mezzo di smart working. Ma cos’è realmente il lavoro agile? Una breve guida con dati e definizioni.
Smart working, lavoro da remoto, telelavoro, lavoro da casa. In quest’ultimo anno e mezzo di pandemia milioni di lavoratori si sono ritrovati improvvisamente catapultati in un universo parallelo fino a quel momento soltanto da pochi sperimentato. Un lavoro non più svolto presso la propria postazione fissa in ufficio (o almeno non esclusivamente), ma nei luoghi più diversi e, fino a poco tempo fa, impensabili.
Il divano, il tavolo della cucina, persino il letto sono diventati le postazioni abituali da cui svolgere video-call e scrivere mail a colleghi e clienti. Come evidenzia il report Lo smart working in numeri, redatto dall’Area Centro Studi di Assolombarda, nel 2019 i lavoratori da casa costituivano solo il 4,8% del totale degli occupati (dati Eurostat). Nel corso del primo lokdown si è poi avuto una rivoluzione in pochi mesi, con il 40,5% dei lavoratori italiani che ha dichiarato di aver iniziato a lavorare dalla propria abitazione a causa del Covid (dati Eurofond).

L’Osservatorio sullo smart working del Politecnico di Milano ha poi stimato in oltre 6,6 milioni i lavoratori in cosiddetto smart working di emergenza (o semplificato) nel marzo 2020, un dato che è poi sceso a 5 milioni a settembre (33,8% dei lavoratori dipendenti), prevedendo che nel mondo post-Covid il numero si stabilizzerà a quota 5,3 milioni.
Dati interessanti che, però, possono essere interpretati correttamente solo partendo da alcune domande a cui pochi sanno rispondere. Cos’è realmente lo smart working? Qual è la differenza con il telelavoro? Il semplice trasferimento dal desk dell’ufficio alla poltrona di casa comporta un cambiamento a livello di mansioni e di tipologia di lavoro?
Partendo dalla definizione fornita dall’art.18, c.1, della L. n.81 del 2017, il lavoro agile (o smart working) è quella
“modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa. La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva”.
Per comprendere appieno le differenze con le altre categorie di lavoro, è poi utile prendere in considerazione le definizioni fornite dalla guida Defining and measuring remote work, telework, work at home and home-based work, redatta dall’ILO (International Labour Organization):
- Lavoro da remoto (Remote work): può essere descritto come quella situazione in cui il lavoro viene svolto interamente o parzialmente in un luogo alternativo diverso dal predefinito luogo di lavoro.
- Telelavoro (Telework): non c’è una definizione univoca di telelavoro, situazione che comunque si basa su due componenti diverse (come sottolineato da: Eurofound e ILO 2017, p. 5): I. Il lavoro è interamente o parzialmente svolto in un luogo alternativo diverso da quello predefinito di lavoro. Questo criterio si basa sulla precedente definizione di lavoro da remoto. II. Prevede l’utilizzo di dispositivi elettronici personali come un computer, tablet o smartphone per svolgere il lavoro.
- Lavoro da casa (Work at home): si riferisce a quel lavoro che si svolge interamente o parzialmente presso la residenza del lavoratore. La categoria del lavoro da casa è indipendente dal luogo di lavoro predefinito, ma potrebbe sovrapporsi quando il domicilio del lavoratore è sia il luogo in cui viene eseguito il lavoro sia la sede dell’attività economica (nel caso di un lavoratore autonomo che ha un ufficio a casa, per esempio). In base alla definizione del tipo di posto di lavoro fornita nella risoluzione, il lavoro da casa è qualsiasi lavoro che si svolge all’interno dell’edificio residenziale o altro tipo di abitazione in cui il lavoratore risiede normalmente.
- Lavoro a domicilio (Home-based work): sottocategoria del lavoro da casa, fa riferimento a quei “lavoratori il cui principale luogo di lavoro è il proprio domicilio” (ILO 2018, par. 110). In altre parole, gli home-based workers sono coloro che svolgono abitualmente il loro lavoro a casa propria, indipendentemente dal fatto che la propria casa possa essere considerata come il luogo predefinito di lavoro.
I quattro concetti definiti dall’ILO, si combinano poi tra di loro dando luogo ad altre sottocategorie che rendono ancora più sottili le differenze tra le varie tipologie di occupazioni, come si vede anche dallo schema seguente.

Oggi ci si interroga sul futuro del mondo professionale e sulle conseguenze che il Covid ha già prodotto sulle modalità di lavoro oltre che sulle abitudini dei dipendenti e dei lavoratori autonomi coinvolti. Già nel presente bisogna però avere ben chiaro lo schema di riferimento in cui ci si muove ed essere consapevoli che lavorare da casa non significa necessariamente essere uno smart worker. Anche se fa figo dirlo ad amici e parenti.
Credits copertina: Unsplash
Founder e Creator di Polinside. Appassionato, affamato di politica e di tutto ciò che ricorda la Prima Repubblica.
Master in “Relazioni istituzionali, Lobby e Corporate Communication” alla Luiss Business School, mi occupo di corporate communication in Community.
Nel tempo libero pratico Crossfit, cucino l’Amatriciana e sogno il compromesso storico.