Il Presidente di Kratesis sottolinea le conseguenze della diffusione del virus a livello politico e istituzionale
In un universo mediatico cannibalizzato dalle news sul coronavirus, scarsa attenzione è posta in merito alle conseguenze che il Covid 19 sta producendo sui sistemi democratici di tutto il mondo. La crisi economica, ma soprattutto politica, in cui oggi si trovano le istituzioni occidentali è profonda e sembra rivelare una maggiore vulnerabilità dei nostri governi rispetto ai regimi autoritari, che fino ad oggi (almeno a livello mediatico) si sono dimostrati più stabili e reattivi.
Da queste riflessioni nasce l’intervista di Polinside a Roberto Arditti, Presidente di Kratesis, Direttore editoriale di Formiche e, tra l’altro, ex Direttore de Il Tempo. Un’indagine sul presente e sul futuro dell’universo politico e mediatico, sempre più instabili e imprevedibili, e sulle sfide che dovranno affrontare il Governo e i partiti di opposizione nei prossimi mesi.

D: Quali sono le ricadute che la diffusione del virus ha finora prodotto a livello istituzionale e politico?
R: Il terreno è sconosciuto e possiamo aspettarci di tutto. L’unica certezza è che tutte le democrazie occidentali sembrano essere meno controllabili e molto più condizionabili da fattori esterni rispetto ai regimi di Russia e Cina. Il sistema liberaldemocratico portatore di diritti e stabilità si sta rivelando più fragile di quanto immaginassimo.
Dobbiamo valutare al meglio come proteggere le nostre istituzioni per renderle più stabili anche in situazioni di crisi. Momenti come quello che stiamo vivendo potranno infatti ripresentarsi anche in futuro, è per questo che dobbiamo farci trovare pronti.
D: Si parla spesso di fast politics e di pop politics come degenerazione di un sistema dove l’iper informazione non permette una reale comprensione dei fenomeni di mutamento sociale e politico (a tal proposito vedi l’intervista di Polinside a Martina Carone). Quali sono i principali cambiamenti a livello di comunicazione politica negli ultimi 10 anni?
R: L’elemento più importante è la drastica riduzione dell’intermediazione che i media tradizionali hanno svolto per tutto il XX secolo. Se negli anni 70 Aldo Moro voleva parlare agli italiani aveva a disposizione la tv, i giornali e un canale di comunicazione interno al partito, mentre oggi la situazione è ben diversa.
I classici canali di informazione non sono più l’unico mezzo di comunicazione, ma si affiancano ad altri più diretti e immediati come i social network. Nessuno però si illuda che questo mondo, in apparenza molto spontaneo e anarchico, sia veramente libero. In realtà è un sistema governato da algoritmi pensati e guidati per rendere molto più manovrata e mediata la comunicazione rispetto a quanto accade sui media tradizionali. Si tratta di un’intermediazione diversa e molto meno accessibile, lontana e impersonale, perché non esiste un soggetto fisico con cui interagire.
D: Sono giorni frenetici sul fronte economico. All’approvazione della Nadef seguirà la presentazione del ddl di Bilancio che conterrà le indicazioni sull’utilizzo dei fondi del Next Generation EU. Finora Conte si è dimostrato vincente sul fronte europeo, ma ora siamo alla prova del 9…
R: L’Italia si è fatta valere in sede europea e il Governo ha fatto quello che poteva in un contesto difficile. È la prima volta che vediamo un’Europa mettere in piedi un piano così significativo. Pochi però si sono accorti che una parte dei fondi erano già esistenti e quindi le cifre complessive di cui potrà disporre l’Italia non dipendono soltanto dall’operato di Conte. Essendo la nostra economia la più fragile tra le grandi potenze europee, il controllo imposto dall’Unione europea sull’utilizzo dei fondi è per me positivo perché in questo modo si garantisce maggiore stabilità. Per il momento però rimane tutto sulla carta.

D: Giancarlo Giorgetti (Repubblica, 3 ottobre), ha dichiarato che se passerà il proporzionale la Lega dovrà spostarsi al centro. È in atto una seconda metamorfosi dopo quella nazionale portata avanti da Salvini nel 2013? E a livello comunicativo?
R: Credo che Giorgetti abbia ragione ma non penso che questo sia l’obiettivo di Salvini. Nell’ultima manifestazione del partito prima delle elezioni europee il 18 maggio 2019 a Milano, i componenti della Lega erano infatti insieme a Marine Le Pen, Geert Wilders e a tutti i leader dei partiti sovranisti e appartenenti all’ultradestra. Questa cerchia colloca la Lega al di fuori delle compagini politiche che comandano in Europa e fuori dal PPE. La Lega, come primo partito in Italia, deve dunque decidere qual è la sua posizione a livello europeo.
D: Come giudichi la recente elezione di Giorgia Meloni come Presidente del Gruppo parlamentare europeo dei Conservatori e Riformisti? La leader di FdI può davvero diventare il prossimo premier?
R: La scelta del Partito conservatore europeo di indicare Giorgia Meloni alla guida dei movimenti conservatori d’Europa rappresenta per FdI una scelta vincente. Se è vero che si tratta di un gruppo in cui le forze di governo (a parte i polacchi) sono poco presenti, d’altra parte è un modo per FdI di stare nei giochi europei, diversamente da quanto sta accadendo con la Lega.
Per quanto riguarda un futuro come prossimo Presidente del Consiglio, non c’è dubbio che Meloni sia stata molto abile e che i suoi consensi siano ora vicini, se non superiori, a quelli del M5S. È giovane e donna, il che non guasta. Nel centrodestra, però, sarà il partito che avrà raccolto più voti alle prossime elezioni a poter esprimere il proprio candidato premier. La strada è ancora lunga…
D: A seguito della vittoria del sì al referendum, sembra che Zingaretti voglia spingere sull’acceleratore delle riforme costituzionali e sulla legge elettorale. A livello comunicativo può essere una strategia vincente?
R: Non sono temi che hanno rilevanza a livello di consenso ma sono molto importanti perché riguardano il metodo di funzionamento del Parlamento e dell’Esecutivo. Ricordiamo che il Governo Conte bis nasce da un accordo secondo cui la legge elettorale doveva essere votata prima del referendum. Abbiamo visto come è andata a finire. Sono felice che si parli di riforme costituzionali ma per ora gli accordi non sono stati rispettati.
D: Trump positivo al coronavirus. A tal proposito il Presidente Usa ha dichiarato che il suo contagio è stato “una benedizione di Dio“. Quanto peserà sul voto il contagio del Presidente?
R: Non so quanto la positività di Trump influirà sul voto, ma certamente la campagna elettorale è entrata in una fase totalmente inedita e imprevedibile. Innanzitutto ancora non sappiamo se il prossimo confronto elettorale con Biden si svolgerà regolarmente [lo scorso 6 ottobre Biden ha dichiarato che non sarebbe opportuno svolgere un secondo dibattito se che Trump fosse positivo al Covid 19]. E in caso quale sarà il format scelto per l’occasione? Sarà un confronto a distanza in collegamento video?
Ad ogni modo è chiaro che siamo di fronte ad una situazione anomala che ha sparigliato le carte in tavola.
Immagine copertina: Unsplash
Founder e Creator di Polinside. Appassionato, affamato di politica e di tutto ciò che ricorda la Prima Repubblica.
Master in “Relazioni istituzionali, Lobby e Corporate Communication” alla Luiss Business School, mi occupo di corporate communication in Community.
Nel tempo libero pratico Crossfit, cucino l’Amatriciana e sogno il compromesso storico.