Il 2 maggio scorso è stata presentata in Commissione Europea la proposta ufficiale del nuovo bilancio UE per il settennio successivo 2021-2027. Si tratta, a maggior ragione in questa fase embrionale, di uno stato previsionale della spesa e dell’investimento che l’Unione Europea opererà a favore degli stati membri fino alle porte del 2030.
I numeri della proposta ufficializzata dal presidente Jean-Claude Juncker sono piuttosto significativi, anche in termini cabalistici: innanzitutto la programmazione si conclude ufficialmente nel 2027 ma, se consideriamo la tendenza fisiologica delle misure finanziarie di varcare i confini temporali di ciascun quadro pluriennale “contaminando” quelli a venire, sarà plausibile osservarne e misurarne gli impatti anche oltre il 2030.
Altro dato assolutamente rilevante è il nuovo assetto europeo post Brexit: con l’uscita della Gran Bretagna gli stati membri sono diventati 27. La ventata anti-europeista non solo sta avendo conseguenze politiche sulla tenuta dell’ Unione, ma vedrà parallelamente ricadute economiche a garanzia del bilancio UE, a cui tutti gli stati membri concorrono con risorse nazionali (clicca qui).
I numeri del nuovo bilancio
Come affermato dallo stesso Juncker nel discorso di lancio, in un “Europa a 27” tutti dovranno inevitabilmente fare uno sforzo contributivo (circa lo 0,1% in più rispetto all’attuale programmazione) per coprire il gap britannico.
«Il nuovo bilancio rappresenta l’occasione per plasmare una nuova, ambiziosa Unione a 27, con al centro il vincolo della solidarietà [….] Da questo dipenderà l’avvenire dell’Europa a ventisette».
Il maggiore sforzo contributivo richiesto agli stati membri verrà ricompensato con lo stanziamento di un budget complessivo di 1.135 miliardi di euro, circa 150 miliardi in più della programmazione 2014-2020. Entrando nel merito della proposta, bisogna tenere conto dell’intervento di razionalizzazione delle risorse compiuto dai funzionari della Commissione Europea, che comunque fino a questo momento sembra allontanare ipotesi di ridimensionamento del bilancio UE

Afferma Juncker: «Con la proposta di oggi abbiamo presentato un piano pragmatico su come fare di più con meno. Il vento economico favorevole nelle nostre vele ci dà un margine di manovra ma non ci mette al riparo dalla necessità di operare risparmi in alcuni settori».
La volontà e i principi strategici sono palesi: i fondi ci sono, ma verranno spesi diversamente e meglio, investendo in settori prioritari per affrontare le sfide attuali dell’Unione, e in virtù di meccanismi e strumenti più efficienti che possano massimizzare gli impatti delle politiche riducendo gli sprechi del passato. In poche parole, in linea con gli slogan cari ai policymaker di Lisbona, la nuova programmazione dovrà essere moderna, semplice e flessibile.
Cosa cambia concretamente?
Il futuro quadro finanziario pluriennale 2021-2027 sarà suddiviso in otto voci di spesa, all’interno delle quali saranno declinati, sulla base di sottogruppi di politiche, i programmi tematici e gli strumenti di finanziamento. Questo assetto sottintende già la ratio di semplificazione della nuova strategia, ossia fare chiarezza su come ciascun programma concorra agli obiettivi della politica europea.

Ricerca, Innovazione e Digitale
In questo settore gli investimenti in ricerca e innovazione aumentano del 50%, con 100 miliardi di euro riservati ai programmi di punta Horizon Europe, che rottama il precedente Horizon2020, ed Euratom. Sono previste invece riduzioni nelle risorse per le cosiddette ‘Grandi reti’, le infrastrutture di trasporto, energetiche e digitali. Il fondo CEF (Connecting Europe Facility) appositamente dedicato passerà dagli attuali 33,3 miliardi di euro a 24,4 miliardi.
Coesione e valori sociali
Probabilmente la voce di spesa dove si concentrano le maggiori novità.
A partire dall’ investimento di risorse destinate ai giovani (il programma ERASMUS + raggiunge un budget di 30 miliardi di euro, raddoppiando la dotazione attuale; al Corpo europeo di solidarietà sono destinati invece 1,3 miliardi di euro).
Passando per l’introduzione di due interessanti strumenti di supporto: un nuovo programma di sostegno alle riforme con una dotazione complessiva di bilancio di 25 miliardi di euro e un fondo del valore fino a 30 miliardi di euro per affrontare meglio eventuali shock asimmetrici.
Fino al taglio annunciato del 7% alla Politica di Coesione, che però avrà un ruolo sempre più importante da svolgere nel sostenere l’avanzamento delle riforme strutturali e l’integrazione dei migranti.
Risorse naturali e Ambiente
Il settore d’investimento che è maggiormente colpito dai tagli. Le dotazioni del Fondo europeo per lo sviluppo rurale (FESR) si riduce a 226 miliardi. Sono previsti tagli anche alla PAC, la politica agricola comune. Saranno ridotti inoltre sia i pagamenti diretti (da 303 miliardi a 286 miliardi) sia le dotazioni del Fondo agricolo europeo per lo sviluppo rurale (il FEASR si riduce da 101 miliardi a 78,8 miliardi di euro).
Migrazione, Gestione delle frontiere e Sicurezza
Come annunciato dal Commissiario al Bilancio e alle Risorse Umane Günther H. Oettinger («Investiamo ancora di più in settori nei quali i singoli Stati membri non possono agire da soli o nei quali è più efficiente operare insieme, come nei campi della ricerca, della migrazione, del controllo delle frontiere o della difesa»), il tema delle sfide migratorie e della sicurezza diventa trasversale alla stragrande maggioranza delle politiche.
In termini finanziari, saranno quasi triplicate le spese per la gestione delle frontiere esterne, la migrazione e l’asilo, per raggiungere circa 33 miliardi di euro, dagli attuali 13, che potrebbero finanziare 10 mila guardie di frontiera entro il 2027 per l’Agenzia europea di guardia costiera e di frontiera (FRONTEX).
Vicinato e mondo extra-europeo
Infine i finanziamenti per l’azione esterna aumentano del 26% fino a raggiungere 120 miliardi di euro, con particolare attenzione al vicinato dell’Europa e al mantenimento di una riserva specifica (e non pre-assegnata) per far fronte alle sfide emergenti.
Quali i prossimi passi?
La Commissione europea ha fatto la sua proposta, che nelle prossime settimane aggiornerà presentando dei piani di spesa dettagliati relativi a ciascuno dei programmi settoriali.
Da questo momento in poi, la palla passa prima al Parlamento Europeo, che dovrà approvare le proposta legislativa, e in secondo momento al Consiglio dell’ UE, a cui spetterà la delibera.
I vertici vorrebbero concludere l’iter entro il 9 maggio, giorno in cui i leader europei si riuniranno a Sibiu in Romania. Per Juncker è fondamentale che ciò avvenga prima delle elezioni politiche europee, che si terranno alla fine di maggio 2019. Un rallentamento dei lavori comporterebbe la sospensione forzata durante la pausa elettorale, e alla ripresa la nuova formazione parlamentare potrebbe rimescolare nuovamente le carte in gioco.
Tutto dipenderà quindi dall’incisività della Commissione e del Consiglio da qui al vertice di Sibiu, e da cosa diranno le urne alle prossime elezioni. Al netto dell’euroscetticismo e della sempre più fragile capacità delle istituzioni europee di rappresentare i bisogni dei suoi cittadini, un passo in avanti nella presentazione del nuovo bilancio Ue lo si può leggere chiaramente: la volontà di rispondere in modo pragmatico alle sfide preponderanti in campo migratorio e di sicurezza, che hanno messo in discussione la credibilità di molti governi nazionali, e quelle sfide emergenti in tema di educazione alla cittadinanza globale, lotta alla radicalizzazione e all’emarginazione sociale, fondamentali per includere nel progetto europeo coloro che fino ad ora ne sono stati esclusi. Bisognerà dunque aggiornare quanto prima la strategia di Lisbona, per evitare che la prossima proposta di bilancio nel 2025 sia per un “Europa a 26”.
Copertina: Eunews